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  • Processo Salvini: storia della nave Gregoretti.

    Il 25 Luglio 2019 il motopesca “Accursio Giarratano” lancia un allarme: c’è un gommone con a bordo circa 50 persone che imbarca acqua. È sera quando arriva la motovedetta della Guardia costiera italiana CP319, informata dal Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo (IMRCC) di Roma, che prende a bordo i migranti.

    Nella notte successiva un altro allarme, stavolta da un pattugliatore della Guardia di Finanza: un altro gommone, con a bordo 91 persone.
    All’alba arriva la motovedetta della Marina Militare Italiana CP920 “Bruno Gregoretti” e il comandante, il Tenente di Vascello Carmine Berlano, ordina il trasbordo dei migranti dalle due navi.

    La motovedetta Bruno Gregoretti

    Dopo una prima evacuazione sanitaria (di 6 persone) sulla Gregoretti restano 135 migranti e la nave fa rotta verso il porto di Catania per portarli a terra visto che non è una nave attrezzata per accogliere persone né per il primo soccorso, ma un’imbarcazione destinata alla vigilanza in mare. Quella mattina però nessuno pensa che sia un problema: bisogna solo arrivare a Catania.

    E’ iniziata così la storia dell’ormai famosa nave Gregoretti e dei 135 migranti che trasportava, ma è stato solo l’inizio di una guerra diplomatica (e soprattutto politica) durata 5 giorni.

    La nave in quei giorni venne mandata prima al porto di Augusta per poi tornare in quello di Catania, nel frattempo dopo l’intervento della Procura di Siracusa e della Procura dei minorenni di Catania, la centrale operativa di Roma comunicò l’ordine di sbarco per 16 minori non accompagnati. Il 29 Luglio scesero dalla nave 15 minorenni (uno dichiaratosi maggiorenne rimase a bordo).

    Lo sbarco dei minori al porto NATO di Augusta

    Il giorno successivo allo sbarco dei 15 minorenni, la Procura di Siracusa ordinò un’ispezione sanitaria. Vennero trovate 29 persone affette da scabbia.

    All’alba del 31 Luglio venne evacuato un migrante con la tubercolosi e solo dopo la comunicazione della disponibilità di Germania, Francia, Portogallo, Lussemburgo, Irlanda e della Cei ad accogliere i migranti, arrivò l’autorizzazione allo sbarco. I migranti rimasti a bordo vennero poi trasferiti all’hotspot di Pozzallo.

    Il coinvolgimento di Matteo Salvini, all’epoca Ministro degli Interni, in tutta questa storia e il motivo per cui il leader della Lega dovrà presentarsi al tribunale di Catania questa mattina, 3 Ottobre, dal GiP Nunzio Sarpietro, è l’accusa di sequestro di persona aggravato, basata sul fatto che Salvini abbia negato lo sbarco dei passeggeri a bordo della motovedetta della Marina Italiana, annunciandolo anche via Twitter la mattina del 26 Luglio:

    Non darò nessun permesso di sbarco finché dall’Europa non arriverà l’impegno concreto ad accogliere tutti gli immigrati a bordo della nave. Vediamo se alle parole seguiranno dei fatti. Io non mollo”

    L’annuncio social di Salvini

    Questa frase fa riferimento agli accordi che Palazzo Chigi, nella figura dell’ambasciatore Pietro Benassi (consigliere diplomatico e rappresentante personale del premier nei vertici G7/G20) stava cercando con gli altri paesi europei. Ma non basta a convincere il ministro dell’Interno.

    Intanto il prefetto Matteo Piantedosi, ministro ombra al Viminale nei momenti di assenza (ripetuta) di Salvini nei suoi uffici, ha appena ricevuto una nota dell’Imrcc che segnala difficoltà a bordo della Gregoretti:
    “Per caratteristiche tecnico/nautiche la nave Gregoretti non è in grado di fornire un’adeguata sistemazione logistica ad un così elevato numero di persone. I migranti sono, di fatto, ospitati sul ponte di coperta esposti agli agenti atmosferici con le problematiche che ben sono immaginabili (a titolo di esempio domani sono previsti 35 gradi). Si aggiunga che la ridotta composizione dell’equipaggio, solo 30 uomini, non consente la corretta gestione di un così elevato numero di persone”. 
    Matteo Piantedosi

    Le condizioni dei migranti a bordo peggiorano, ma nulla cambia: non viene concesso lo sbarco.

    Il Procuratore facente funzione di Siracusa Fabio Scavone, ex ufficiale di Marina, ci mette poco a capire che la situazione è diventata ingestibile e che sarà oggetto di un procedimento giudiziario. 

    In quanto competente territorialmente, apre un fascicolo e organizza un’ispezione, nominando tre infettivologi, per accertare le condizioni igienico-sanitarie sulla Gregoretti. 

    Il giorno successivo, 30 luglio, convoca nel suo ufficio in Procura il comandante Berlano che dichiara: “Ho atteso fino ad ora l’indicazione del PoS (Place of Safety – Porto Sicuro) da parte del Comando generale delle Capitanerie di porto. Il Comando si è limitato a dirmi che il probabile PoS sarebbe stato Augusta, dove sono ormeggiato”. 

    È urgente che le persone recuperate in mare vengano fatte subito sbarcare. Anche perché l’ispezione degli infettivologi ha confermato lo screening della dottoressa Agata Stefania Reale: 29 migranti hanno la scabbia, una persona è sospettata di avere la tubercolosi, c’è il concreto rischio di contagio per gli altri e per i marinai.

    Il 31 Luglio è ancora il Procuratore Scavone a chiedere lo sbarco dei migranti. Tutti tacciono: Questore e Prefetto di Siracusa, Comando generale delle Capitanerie di porto. Tutti in attesa del Viminale, che si limita a rispondere che è in corso la trattativa per la redistribuzione delle persone a bordo e che senza accordo non ci sarà sbarco.

    L’accordo arriva e coinvolge anche la Conferenza episcopale italiana. 

    Con una diretta Facebook, com’è nel suo stile, Matteo Salvini alle 12.15 del 31 Luglio annuncia: “Nelle prossime ore darò l’autorizzazione perché abbiamo la certezza che i migranti non saranno a carico dei cittadini italiani. Il problema è risolto”.

    Alle 16.53 tutti i 115 naufraghi della Gregoretti sono sul molo Nato del porto di Augusta.

    Il 17 Dicembre alla Presidenza del Senato arrivano le 59 pagine della “Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio” nei confronti del senatore Matteo Salvini “in qualità di ministro dell’Interno pro tempore” per aver posto il veto all’indicazione del Place of safety (PoS). E’ accusato di aver sequestrato 131 persone per cinque giorni a bordo della Gregoretti. Reato aggravato dal fatto di essere stato commesso da un pubblico ufficiale e con l’abuso di poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché in danno di minorenni. Secondo i tre magistrati del Tribunale dei ministri, Salvini ha violato le convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare e le norme di attuazione nazionali (Convenzione Sar, Risoluzione Msc 167-78, Direttiva Sop 009/15), nonché la Legge Zampa sulle misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati e il Testo Unico Immigrazione.

    “L’atto del ministro Salvini costituisce piuttosto un atto amministrativo che, perseguendo finalità politiche ultronee rispetto a quelle prescritte dalla normativa di riferimento, ha determinato plurime violazioni di norme internazionali e nazionali, che hanno comportato l’intrinseca illegittimità dell’atto amministrativo censurata da questo Tribunale. Si ritiene che non possa esservi tutela giurisdizionale a fronte della lesione di un diritto qualificato come inviolabile dalla Carta Costituzionale, nonché dalla Convenzione europea sui Diritti dell’Uomo”.

    Salvini si difende in aula

    Il processo avrà inizio stamattina, 3 Ottobre, e nella città etnea la Lega ha già organizzato una manifestazione (in contemporanea con l’udienza) per sostenere il suo leader, al grido di “processate anche me”.

    Nel frattempo Salvini ha già ripetuto in varie sedi che si dichiarerà colpevole, convinto di aver agito nel bene dello Stato.

    Per lo stesso motivo ha anche affermato “Rifarei tutto da capo. Non cambierei nulla di quello che ho fatto”.

    Anche Carlo Giarratano promette che lo rifarà. Non è un politico, né un ex ministro dell’Interno. È un pescatore di gamberi, capitano della motopesca “Accursio Giarratano”, la prima nave di questa lunga storia. Se in mare gli capiterà di trovare altri naufraghi li salverà, esattamente come ha fatto il 25 luglio di un anno fa. “Mi chiedo se chi vuole chiudere i porti abbia mai sentito queste voci che urlano nel buio e nel silenzio della notte in mezzo al mare”.  

    Oggi inizierà un processo che potrebbe concludersi subito (con l’intenzione del Giudice sul “non luogo a procedere”) o che potrebbe vedere Salvini condannato (fino a 15 anni di carcere). 

    Sarà un processo che mediaticamente e politicamente segnerà un punto di svolta per l’Italia, in un senso o nell’altro: il trionfo e la rinascita di un politico o la sua fine.

    di Domenico Riccio





  • Quando lo Stato ti abbandona

    La cronaca dei giorni scorsi ci ha regalato un triste evento: parlo della morte di Mario Cerciello Rega, vice brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, ucciso in servizio a Roma nella notte tra giovedì e venerdì scorso (25-26 Luglio).

    Le dinamiche dell’accaduto sono state confermate dalle indagini preliminari dei Carabinieri di Roma: due soggetti avevano rubato un borsello e avevano chiesto al malcapitato proprietario 100€ per riaverlo (in gergo la tecnica viene chiamata “cavallo di ritorno”) ma il signore ha avvisato le forze dell’ordine che si sono presentate al posto suo sul luogo dello scambio; uno dei due ragazzi, accortosi della trappola ha estratto un coltello e ha colpito 11 volte Mario Cerciello Rega. Purtroppo i soccorsi non sono bastati a salvare la vita del brigadiere, morto poco dopo.

    La notizia si è diffusa subito e mentre la forze dell’ordine davano la caccia ai due responsabili è trapelata la notizia che i due aggressori (e assassini) fossero di origine nordafricana.

    A quel punto tutti i rappresentanti politici di destra, dalla signora Donazzan in quel di Pove al ministro degli Interni, hanno cominciato ad inveire contro migranti, comunità islamiche, e qualsiasi persona fosse anche solo leggermente abbronzata dando sfogo al razzismo che di questi tempi è sempre più presente nella propaganda politica.

    C’è però un punto di svolta nelle indagini quando i due ragazzi colpevoli del delitto sono stati catturati: non sono nordafricani, non sono “neri”.

    Si scopre poche ore dopo che “il mostro” è un ragazzo statunitense, cosi come il suo complice, bianco.

    I due aggressori sono Elder Finnegan Lee e Christian Gabriel Natale Hjort.

    E’ in questo momento che la politica italiana dà il peggio di se. Qualcosa di molto più grave del razzismo proposto da buona parte del governo:

    Mario Cerciello Rega viene abbandonato dallo Stato. Di lui non importa più nulla agli organi di governo. Una volta scoperto che l’aggressore è un ragazzo bianco, biondo e bello il circo mediatico si spegne. Quella morte non può più essere strumentalizzata e allora cala il silenzio.

    Il ministro Salvini passa dai post in cui chiede giustizia e morte per gli aggressori alle foto di lui a cena con la fidanzata.

    Di Mario, della sua morte, di sua moglie e della sua famiglia distrutte dal dolore non interessa più nulla.

    Piano piano sui giornali cominciano ad arrivare notizie di chi era Mario, della sua passione per il volontariato e per la famiglia. Era un ragazzo dal cuore enorme, che indossava la divisa perché, come migliaia di altri ragazzi, in quella divisa ci credeva.

    Ma questo non interessa. Non può essere strumentalizzato. Non fino al giorno dopo.

    Sui social comincia a circolare la foto di uno dei due ragazzi (pare l’autore materiale dell’assassinio) ammanettato e bendato.

    A quel punto i social ripartono: chi si schiera a difesa dei Carabinieri, chi si schiera contro.

    Di nuovo, di Mario non importa nulla.

    Mario era un Carabiniere onesto, un uomo buono. Come lui ci sono migliaia di Carabinieri che ogni giorno mettono a rischio la propria vita.

    Quelli che hanno bendato quel ragazzo non sono Carabinieri onesti. Sono degli imbecilli.

    Per due motivi:

    – Mario non era così. Non avrebbe voluto una cosa del genere.

    – Quelle immagini faranno invalidare la confessione del ragazzo che verrà rimandato negli USA sotto pressione del governo americano e se ne uscirà con una pacca sulla spalla, senza scontare un solo giorno di carcere.

    Quei Carabinieri devono pagare due volte allora: una per aver commesso un reato e una per aver infangato la loro divisa, quella che Mario amava e onorava ogni giorno.

    Qualcuno avrà notato che in questo articolo, a differenza dei precedenti, non ci sono foto.

    Nessuna foto di Mario Cerciello Rega, nessuna foto dei due ragazzi colpevoli del reato, nessun post dei politici.

    Ho deciso di farlo per rispetto della moglie e della famiglia di Mario. Perché chi vi scrive indossa una divisa ed è in lacrime mentre continua a battere sui tasti.

    Ma la verità va raccontata sempre.

    Oggi ci sono i funerali di Mario. Con lui ci saranno centinaia di persone fisicamente ma col cuore avrà accanto le migliaia di rappresentanti delle Forze Armate e dell’Ordine di questo paese.

    A lui, infine, il mio pensiero.

    Che la terra ti sia lieve Mario…

    di Domenico Riccio.

  • La versione di Conte sul RussiaGate

    Ieri, 24.07.2019, il premier Giuseppe Conte è intervenuto in aula per parlare (tra le altre cose) del caso RussiaGate.

    Il discorso di Conte non è stato lungo e complicato, almeno non la parte che riguardava i rapporti tra Savoini e il ministero dell’Interno, e il premier si è limitato a confermare quanto già riportato da alcuni giornali: Gianluca Savoini era alla cena del 4 Luglio con Putin perché invitato da Claudio D’Amico, consigliere di Matteo Salvini.

    l premier Conte alla Camera

    Il premier ha inoltre continuato affermando che la visita a Mosca del 17 e 18 ottobre scorso è stata organizzata direttamente dal ministero dell’Interno e la nota che era stata comunicata dalla nostra ambasciata al governo russo con la lista dei nomi della delegazione ufficiale italiana comprendeva quello di Gianluca Savoini.

    In pratica il premier Giuseppe Conte ha definitivamente smentito tutto quello che Salvini aveva detto ai giornali e sui social riguardo questa vicenda. Un duro colpo al vicepremier che neanche oggi si è presentato in aula a rispondere alle domande della minoranza.

    E se tutti i gruppi alle camere del PD e dei partiti di minoranza erano particolarmente agguerriti sull’argomento, anche quelli della maggioranza hanno “protestato”: prima che il premier Conte prendesse la parola i gruppi di Camera e Senato del M5S hanno abbandonato l’aula per due motivi.

    L’aula lasciata vuota dal Movimento 5 Stelle.

    Il primo è stato di protesta contro Salvini che non si è presentato a rispondere e riferire alle camere, seconda protesta invece sul discorso TAV (discorso che riprenderemo in un altro articolo, ndr) e la scelta di Conte e Salvini di andare contro il M5S che però, ad oggi, è sempre il partito di maggioranza.

    In pratica ieri si è aperta in maniera ufficiosa la crisi di governo. Con i 5 stelle sul piede di guerra per la TAV e la Lega che spinge Salvini, forte delle previsioni di voto, a chiedere nuove votazioni.

    Ma Salvini è rimasto solo. Con i suoi elettori certo, ma solo.

    Il vicepremier Matteo Salvini.

    Il vicepremier Matteo Salvini in questi mesi di governo aveva trovato la formula perfetta per far crescere i suoi numeri: un’opposizione intenta a ricucire le proprie ferite e quindi poco battagliera e un alleato di governo su cui scaricare tutte le colpe dei fallimenti di questo governo.

    Tornare alle urne porterebbe, probabilmente, ad una vittoria schiacciante della Lega che con FI e FdI avrebbe una maggioranza assoluta… ma dovrebbe risponderne ai suoi elettori:

    • Numero di rimpatri;
    • Accise sulla benzina;
    • Autonomie regionali;
    • Flat Tax.

    Sono solo alcune delle cose promesse dalla Lega alla vigilia delle elezioni e che sarà impossibile realizzare. Senza parlare del crollo dell’economia italiana. Tutti problemi risolti addossando la colpa ai 5S… ma senza di loro la musica cambierebbe e per la prima volta Salvini si ritroverebbe a dover dire agli italiani che ha fallito.

    Il tutto con la spada di Damocle (e della giustizia) che pende su di lui e sulla Lega per l’inchiesta RussiaGate.

    Questa crisi di governo arriva nel momento peggiore per la Lega e nei prossimi giorni capiremo se Salvini, Di Maio, Conte, Zingaretti, magistrati e colleghi aspetteranno settembre per riaccendere il dibattito o se batteranno il ferro finchè caldo.

    Noi aspettiamo e restiamo a guardare… sempre attenti.


    PS negli Usa oggi l’ex procuratore speciale Muller, davanti alla Commissione Giustizia della Camera, ha detto chiaramente che il suo lavoro e le sue indagini non scagionano Trump ma anzi dice che “Trump potrebbe essere incriminato a fine mandato”.
    Il caso RussiaGate si allarga sempre di più.

    di Domenico Riccio